CARLO ALBERTO DALLA CHIESA...100 giorni per ucciderlo, una vita per NON DIMENTICARLO
Il Parlamento della Legalità vuole ricordare un uomo con la schiena diritta, un Ufficiale dei Carabinieri integerrimo, esigente e deciso, con un’insaziabile fame di giustizia. Un onesto servitore dello Stato.
Carlo Alberto Dalla Chiesa nasceva il 27 settembre 1920 nella cittadina sabauda di Saluzzo, ricevendo l’eredità spirituale del padre carabiniere.
Essere Carabiniere vuol dire essere italiano alla seconda potenza: rigore, senso di umanità, possanza della Legge e l’Idea di un Popolo. Rifiutò di collaborare con le "SS" e si unì alla Resistenza partigiana. Condusse una brillante carriera nell'Arma dei Carabinieri, passando dalla cattura degli assassini di Placido Rizzotto al Comando della Legione Carabinieri Sicilia e nel 1978 diviene responsabile del nucleo Antiterrorismo, conseguendo grandi successi contro le Brigate Rosse.
Venne nominato Prefetto nel 1982 dal Ministro Virginio Rognoni che gli disse
"Caro generale, lei va a Palermo non come Prefetto ordinario ma con il compito di coordinare tutte le informazioni sull'universo mafioso".
Ma Carlo Alberto Dalla Chiesa voleva poteri straordinari. Sulla mafia aveva le stesse idee di Giovanni Falcone, in quegli anni fu infatti formalizzata la figura giuridica del pentito.
A Palermo lamenta più volte la carenza di sostegno da parte dello Stato. Emblematica e carica di amarezza rimane la sua frase:
"mi mandano a Palermo con gli stessi poteri del Prefetto di Forlì".
Gli uomini d'onore sanno benissimo di non essere invulnerabili e di doversi proteggere oltre la paranoia. Dalla Chiesa, seguito da cento occhi, ascoltato da cento orecchie, è immerso nei veleni di Palermo e circondato da molti onorevoli e notabili che mal nascondono una viva preoccupazione.
Alle ore 21.15 del 3 settembre 1982, la A112 bianca sulla quale viaggiava il Prefetto, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, fu affiancata, in via Isidoro Carini a Palermo, da una BMW.
Trenta pallottole di Kalashnikov AK-47 falciano il Prefetto e la moglie, mentre un altro killer liquida l'agente di scorta, Domenico Russo. Lui tenta di proteggere la moglie col suo corpo, ma il killer spara prima a lei..
Nella lotta a Cosa Nostra la morte è una costante con cui occorre fare sempre i conti. Sul luogo dell'eccidio, un anonimo cittadino lascia un cartello affisso al muro. Poche parole che in breve fanno il giro del mondo: "Qui è morta la speranza dei siciliani onesti".
Se è vero che le Istituzioni furono assenti nel momento del bisogno e che la stessa famiglia ne pagò le conseguenze, a distanza di 32 anni il nome di Carlo Alberto Dalla Chiesa riecheggia nelle Piazze, nelle televisioni, tra la gente comune e nelle Scuole. Noi non lo dimenticheremo mai e con con lui non dimenticheremo tutti gli operatori che hanno lottato e lottano ogni giorno per gli ideali di giustizia e legalità.
Oggi più che mai siamo fortemente convinti che
"... ci sono cose che non si fanno per coraggio. Si fanno per poter continuare a guardare serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei propri figli". Carlo Alberto Dalla Chiesa
Il Segretario Nazionale