Andiamo a scuola in pigiama

Sabato 3 Giugno - Il Parlamento della Legalità Internazionale insedierà l'ambasciata dell'amore nel reparto dell'Ospedale di "Borgo Trento" dove vi è una sezione dell'istituto comprensivo 10 Borgo Roma Est guidato dal Dirigente Scolastico  Domenico Luigi Bongiovanni.

Si tratta di una sezione "SCUOLA IN PIGIAMA" frequentata decine e decine di bambini "vittime" innocenti della Leucemia e del tumori.

Con il consenso del primario e dell'equipe medica e il parere favorevole di  tanti bambini delle scuole  ecco realizzata la proposta.

Nicolò Mannino e Salvatore Sardisco, - rispettivamente presidente e vice presidente del Parlamento della Legalità Internazionale - insieme alla coordinatrice culturale del movimento Anna Lisa Tiberio, al Dirigente Scolastico Bongiovanni SABATO 3 GIUGNO  tarda mattinata inaugurano "l'Ambasciata dell'Amore " in questo reparto di Ospedale.

In queste ore arriva  all'indirizzo del Parlamento della Legalità Internazionale una lettera Testimonianza - in allegato - di una mamma che ha partecipato alla marcia della legalità con il suo bambino di otto anni colpito improvvisamente della leucemia e dopo che Nicolò Mannino, Salvo Sardisco e la Dirigente Scolastico dell'Istituto comprensivo "Fermi" di Romano di Lombardi (Bergamo) sono andati a casa del piccolo, ecco che la mamma ha  inviato questa testimonianza che sarà letta in Ospedale il prossimo 3 giugno nella "Scuola in pigiama".
Con il consenso della mamma, pubblichiamo questa bellissima lettera:

"Ho partecipato alla marcia della legalità organizzata settimana scorsa nella cittadina in cui

abito. C’erano bambini e ragazzi dei vari istituti scolastici del territorio, circa duemila

studenti e tra questi vi era pure il mio primo figlio con la classe e l’insegnante.

Il mio secondogenito di otto anni invece era con me, e non con i suoi compagni di classe.

Quest’anno lui ha frequentato la scuola “tradizionale” poco meno di un mese, perché poi

ad ottobre si è ammalato. Diagnosi seria ma non grave ci dissero, leucemia linfoblastica

acuta e da allora la sua vita e quella della nostra famiglia si è dovuta adeguare,

reimpostare su nuove priorità… ovviamente niente scuola, niente sport, niente feste con

gli amici, ecc…

Quella mattina avremmo dovuto essere in ospedale per l’aspirato midollare, ma l’ultimo

ciclo di chemioterapie aveva fatto precipitare i valori del sangue e l’esame era stato

rimandato …e così avevamo deciso di andare anche noi alla marcia. Il motivo in realtà era

principalmente quello di salutare i compagni di classe, visto che mio figlio non li vedeva da

mesi.

Alla marcia si sono succeduti interventi diretti e toccanti, ma quando il presidente Mannino

ha spiegato come si era giunti alla scelta del luogo dell’ambasciata dell’amore è scoppiata

in me un’emozione grande, incontenibile quanto inaspettata.

L’ambasciata dell’amore nella scuola di un ospedale, nel reparto di oncologia pediatrica!

Eravamo presenti quasi per caso e ora sentivo quelle parole come fossero dette per noi e

da noi … sapevo perfettamente cos’è la realtà di una scuola in ospedale, come si svolge,

cosa significa, a chi si rivolge. Per mio figlio, al di là della voglia o meno di fare lezione, la

scuola in ospedale è stata una preziosa opportunità, lo ha aiutato a rivivere la dimensione

normale di alunno, con un’insegnante e addirittura con dei compagni, e a non sentirsi solo

un bambino malato.

Da quando frequentiamo il reparto di oncologia pediatrica, ho sempre con me, nel cuore e

nel pensiero, i volti, i nomi e le storie di tanti bambini e ragazzi che, insieme con mio figlio,

stanno lottando e affrontando la malattia, portando avanti anche il loro percorso di studio

… storie di sofferenza e coraggio, di paura e speranze, di rabbia e di amore.

A coloro che hanno intuito quanta vita, quante emozioni e quanti sogni vivano fortissimi in

un reparto di oncologia pediatrica, desidero esprimere di vero cuore il mio grazie e il mio

sostegno.

All’inizio del percorso di terapie ero naturalmente molto spaventata e sconvolta. Guardavo

le altre mamme e non capivo come potessero essere tanto coraggiose e persino

sorridenti. Io ero solo all’inizio della nostra scalata all’Everest, loro invece erano già tutte ai

campi base in quota e mi chiedevo se anche io avrei avuto la forza per affrontare la salita.

Nei mesi seguenti, un passo dopo l’altro, abbiamo affrontato tutto, individualmente e come

famiglia, scoprendoci capaci di cose che all’inizio non immaginavamo, proprio come ci

aveva detto il dottore comunicandoci la diagnosi.

E’ stato l’amore per nostro figlio e per la vita a darci l’energia e la determinazione

necessarie.

…“tutto quello che serve per guarire, noi lo facciamo” … ce lo siamo ripetuti tante volte,

per cercare la motivazione nei momenti di fatica.

Abbiamo imparato a fare spazio in noi, liberandoci di alcuni pensieri e preoccupazioni

inutili per concentrarci sulle cose più importanti.

Le cure professionali e le attenzioni amorevoli di tanti ci hanno continuamente dato

speranza e tranquillità … come un bimbo che si abbandona sereno tra le braccia della

madre …

Grazie a tutto questo, nonostante gli isolamenti e le limitazioni della nostra vita familiare, in

tutti questi mesi non ci siamo mai sentiti soli.

Proverò sempre affetto e gratitudine verso lo staff medico, le insegnanti della scuola in

ospedale e quelle della scuola “tradizionale”, i volontari e naturalmente verso tutti i piccoli

grandi pazienti e le loro famiglie che abbiamo conosciuto e con cui stiamo condividendo

questa esperienza.

La rabbia e la paura dell’inizio hanno ceduto così un po’ di spazio alla riconoscenza,

all’amicizia e all’affetto. Il mio cuore ne è uscito dilatato.

E anche quella mattina, alla marcia della legalità, ho avuto la chiara sensazione che tante

persone sono vicine a chi vive la malattia grave e sanno quanto amore si respiri attorno a

loro.

Di nuovo grazie per la scelta e un enorme in bocca al lupo all’ambasciata dell’amore, sono

certa che saprete esserne testimonianza viva per tutti.

Una mamma"